Le emozioni hanno voce: il cerchio del mattino

Ogni giorno, prima di iniziare le attività, ci sediamo in cerchio.
È un gesto semplice, quasi rituale, ma racchiude un significato profondo: prendersi un tempo per ascoltare, per sentire, per essere presenti.
Nel cerchio del mattino, ciascun bambino può raccontare come si sente.
A volte le parole sono poche:
"Sono felice."
"Ho sonno."
"Mi manca la mamma."
Altre volte arrivano silenzi lunghi, carichi di senso, che parlano più delle frasi. E noi adulti impariamo che il silenzio, nei bambini, non è vuoto: è un linguaggio in attesa di essere accolto.
Ascoltare un bambino di quattro anni che dice: "Oggi ho paura che la mamma non torni presto" ci ricorda che le emozioni non hanno età.
In quel momento non serve spiegare, né rassicurare subito. Serve solo esserci. Uno sguardo, una mano, la consapevolezza che ogni emozione chiede di essere vista.
Accogliere, non controllare
Qui non insegniamo a "controllare" le emozioni, ma ad accoglierle.
Rabbia, gioia, paura, entusiasmo: ogni sentimento è un ospite prezioso, che arriva per raccontare qualcosa di sé.
I bambini imparano che si può provare tante cose diverse nello stesso giorno, e che non c'è nulla di sbagliato. Che si può ridere e piangere, sentirsi forti e poi avere paura.
E che le emozioni non si giudicano, si attraversano.
Per questo, quando un bambino si arrabbia, non gli diciamo "non essere arrabbiato", ma piuttosto "vedo che sei arrabbiato, vuoi raccontarmi cosa è successo?".
È un piccolo cambio di prospettiva che cambia tutto: il bambino non si sente sbagliato, ma compreso. E solo così può davvero trasformare ciò che prova.
Le neuroscienze ce lo confermano
La ricerca neuroscientifica degli ultimi anni ha confermato ciò che l'esperienza educativa aveva già intuito: le emozioni sono il fondamento dell'apprendimento.
Quando un bambino si sente accolto, il suo cervello attiva i circuiti della fiducia e dell'empatia (sistema limbico e corteccia prefrontale).
Quando invece si sente giudicato o ignorato, entra in uno stato di allerta: l'amigdala si attiva e blocca la capacità di concentrazione e memoria.
In altre parole, un bambino sereno impara meglio.
Come ha spiegato Daniel Siegel, neuroscienziato e autore del concetto di "integrazione cerebrale", l'obiettivo non è spegnere l'emozione, ma aiutare il bambino a collegarla alla parola, al pensiero e alla relazione.
Solo quando l'adulto riconosce e nomina ciò che il bambino prova ("vedo che sei triste", "sei arrabbiato perché volevi quel gioco"), si costruisce quel ponte tra il cervello emotivo e quello razionale che rende possibile l'autoregolazione.
Per questo, il cerchio del mattino non è un semplice momento di condivisione, ma un allenamento neurologico alla consapevolezza.
Ogni volta che un bambino riconosce la propria emozione e la esprime in un contesto sicuro, rafforza la capacità di gestirla in modo sano.
E ogni volta che un adulto ascolta con empatia, offre un modello di regolazione affettiva che il cervello del bambino interiorizzerà nel tempo.
La voce che costruisce fiducia
Noi adulti siamo lì, non per correggere, ma per testimoniare.
Per dire con il corpo e con le parole:
"Ti ascolto. Quello che provi è importante."
Il linguaggio emotivo che usiamo è la prima grammatica della fiducia.
Non servono grandi discorsi: bastano la calma, la presenza, l'attenzione.
Quando un bambino sente che le sue emozioni non spaventano l'adulto, impara che anche lui può accoglierle.
E così, poco a poco, sviluppa quella che gli psicologi chiamano "sicurezza emotiva", la base di ogni apprendimento, relazione e autonomia futura.
Il cerchio come comunità
Il cerchio del mattino non appartiene solo ai bambini.
Anche i genitori, quando partecipano, si lasciano toccare da questa semplicità.
C'è chi dice: "Oggi mi sento stanco ma felice", chi ammette: "Mi sento fragile, ma sono qui con voi".
Sono parole che aprono spazi nuovi di autenticità.
In quei momenti si costruisce una comunità educante, fatta di adulti che non hanno paura di mostrarsi umani, e di bambini che imparano che la vulnerabilità non è debolezza, ma forza condivisa.
Ogni cerchio è diverso, eppure in ciascuno accade qualcosa di simile: un piccolo esercizio di empatia collettiva, un'esperienza di presenza reciproca che prepara il terreno a ogni altra attività della giornata.
Un piccolo rito, una grande lezione
Spesso, chi osserva da fuori può pensare che si tratti di un momento "di passaggio", una routine come tante.
Ma chi partecipa sa che è proprio lì, in quel tempo sospeso tra il "prima" e l'"inizio", che si costruisce la qualità della giornata.
È nel cerchio che i bambini imparano a dare un nome a ciò che sentono, a riconoscere l'altro, a costruire il proprio modo di stare nel mondo.
E noi adulti, insieme a loro, impariamo ogni giorno che l'educazione emozionale non è una materia da insegnare, ma un linguaggio da vivere.
✨ Gli Gnomi dei Kiwi insegnano che ogni emozione è un colore: solo insieme formano l'arcobaleno. 🌈
Grazie per avere letto- Vivi degli gnomi.
